giovedì 17 gennaio 2008

La Ricerca Scientifica in Italia

Alcuni giorni fa, nel nostro Blog è arrivato (nei commenti) un articolo di un genitore, che fa considerazioni efficaci e importanti sulla ricerca scientifica italiana.

Per renderlo più visibile e per dar modo a più persone di partecipare al dibattito, ho deciso di pubblicarlo anche in prima pagina, qui sotto.

Ciao a tutti,
mi chiamo Roberto e sono il papà di Anna , una bambina di 5 anni colpita dalla Sindrome di Rett. Faccio parte di proRETTricerca e vorrei ringraziare Telethon per aver messo a disposizione questo spazio per poter parlare della Sindrome di Rett, dello stato della ricerca, e per poterci scambiare opinioni.
Ma soprattutto volevo ringraziare Telethon per aver dimostrato che una corretta gestione di fondi per la ricerca è possibile, fornendo al contempo un esempio di trasparenza e correttezza scientifica nell’assegnazione di tali finanziamenti.
La maratona Telethon è appena finita, è andato tutto bene, sono stati raccolti più di 30 milioni di euro, la ricerca genetica godrà di nuovi finanziamenti, un bel po’ di persone si sono messe la coscienza a posto, e di tutto questo dovrei essere felice, ma non lo sono.

Non lo sono perché vedo che la ricerca scientifica in Italia non viene considerata come dovrebbe.
Non lo sono perché gli scienziati dovrebbero poter avere il tempo di fare il loro lavoro, e cioè fare RICERCA, serenamente, liberi da altri pensieri che non siano scientifici, e non passare la maggior parte del loro tempo ad elemosinare fondi per poter portare avanti i propri esperimenti.
Non lo sono perché è doloroso ma soprattutto frustrante vedere i nostri migliori cervelli andare all’estero per una giusta ed indispensabile esperienza scientifica internazionale e poi non tornare più, perché qui in Italia non ci sono le condizioni per poter lavorare ai livelli ai quali si sono abituati. Siamo un Paese che, nonostante tutto, riesce a formare eccellenti scienziati, ma poi dà loro uno stipendio con il quale non possono mantenere la propria famiglia.
Non lo sono perché non è possibile, nel Paese che ha dato i natali a Galileo, assistere (o subire?) decisioni in campo scientifico prese sulla base di criteri che nulla hanno di scientifico, ma solo politico, clientelare o, peggio, sull’onda dell’emotività popolare.
Non lo sono perché quest’anno una associazione di genitori ha organizzato a proprie spese un meeting scientifico internazionale al quale hanno partecipato un centinaio di ricercatori da tutto il mondo, e durante il quale è nata una cordata formata da scienziati di varie nazioni d’Europa, per presentare un progetto di ricerca comune, e questo progetto ha ricevuto l’avvallo e il plauso della Comunità Europea, e il mio Paese (continuo a scriverlo con la maiuscola, chissà perché) ha tagliato il budget per il gruppo italiano del 60 %, suscitando lo sconcerto degli altri gruppi europei.
Non lo sono perché preoccuparsi del finanziamento e del sostegno della ricerca scientifica dovrebbe essere prerogativa di uno Stato, e non di associazioni di genitori.
Non lo sono perché gestire in modo migliore i fondi destinati alla ricerca scientifica non è impossibile, basta prendere esempio da altri Paesi (proviamo a guardare che destinazioni ha la famosa “fuga dei cervelli”).
Non lo sono perché è deprimente vedere scienziati costretti a spiegare i loro progetti di ricerca (destinati a curare ESSERI UMANI) tra un numero di cabaret e un balletto, perché altrimenti gli spettatori si stufano e cambiano canale, non pensando che un giorno potrebbero essere i LORO figli ad aver bisogno di quegli scienziati così noiosi.
E infine, non lo sono, perché tutto quello che ho scritto non è assolutamente nuovo, ed è già stato detto e scritto, e la conclusione invariabilmente è: lo Stato dovrebbe fare qualcosa.

Mi si dirà: ma anche per quanto concerne arte e cultura umanistica lo Stato non fa nulla: vero, assolutamente vero. Ma in questo caso mi sento di dover fare un distinguo, anzi due: diversa è la finalità e il target (se di finalità culturale si può parlare): una persona deve essere SANA (o perlomeno vivere in condizioni accettabili) per apprezzare un’opera d’arte o uno spettacolo teatrale, e nella cura del corpo e dello spirito preferisco dare priorità al primo.
E poi, considerando realisticamente le limitate risorse a disposizione, vedo molto più difficoltosa una gestione equa e meritocratica di fondi assegnati a progetti volti a sostenere l’arte, mentre nel caso di progetti scientifici una ripartizione efficace e trasparente dei fondi è sicuramente possibile (Telethon insegna…); questo solo perché il processo di screening e valutazione è molto più rigoroso e basato su principi condivisibili (appunto “scientifici”) nel caso di progetti scientifici che nel caso di progetti “artistici”.
Ed infine, io penso che all’origine dello scarso impegno del mio paese per la ricerca scientifica ci siano motivi anche culturali.
Uno di questi è, a mio avviso, la superiorità attribuita, per varie ragioni, soprattutto storiche e geografiche, alla cultura umanistica nei confronti di quella scientifica.
Nel nostro paese la cultura scientifica è ancora considerata di serie “B”, confondendo scienza e tecnologia, e riducendole a mere e grette “applicazioni pratiche” di principi scientifici, quelli sì dotati di rilevanza culturale.
Una volta al riguardo ho letto la frase “finché al governo ci saranno persone che conoscono Cicerone a memoria e non sanno niente di termodinamica, le cose difficilmente potranno cambiare”; bè, penso sia assolutamente vero.
Io penso che per riuscire a cambiare questa situazione il lavoro principale spetta a noi: se non riusciremo ad insegnare ai nostri figli l’amore e la sensibilità per la cultura (umanistica, artistica e scientifica: non voglio distinguerle), le cose non cambieranno.
Finché non riusciremo a promuovere la cultura scientifica nelle scuole, finché non riusciremo a far vedere ai nostri ragazzi quanto meravigliosamente complessa sia la Natura, e che esperienza enormemente gratificante per lo spirito sia la conoscenza, difficilmente le cose potranno cambiare.
Le scoperte più importanti continueranno ad essere fatte da scienziati (magari italiani) in altri paesi, e continueremo ad essere sudditi dal punto di vista scientifico e tecnologico di altre nazioni un po’ più illuminate di noi.

E, soprattutto, mia figlia dovrà aspettare ancora a lungo la cura per la sua malattia.
Roberto Tisato

mercoledì 12 dicembre 2007

Inizia la Maratona di Telethon

Finalmente Venerdì 14 dicembre partirà questo grande evento televisivo e mediatico che rappresenta un momento culminante della campagna di raccolta fondi di Telethon e che è anche un’occasione per sensibilizzare e informare sulle malattie genetiche, sugli sviluppi della ricerca e per fare conoscere al pubblico le persone affette da queste malattie.

Quest’anno sarà Carolina che parlerà per la sindrome di Rett, sarà presente con la sua famiglia a testimoniare anche tacitamente la sua malattia.

Carolina, e tanti altri bambini affetti da malattie genetiche, saranno il centro della trasmissione, anzi, saranno la parte più vera …..come ogni anno attraverseranno il palco della Maratona, coccolati e riveriti dai vip e dal pubblico, tra le luci natalizie, la sensibilità e generosità dei presentatori ….per un giorno o per poco ore.

Anch’io, con mia figlia sono stata alla Maratona qualche anno fa, e ancora lo rifarei per Telethon. Non è facile per un genitore decidere di usare l’immagine della propria bambina ammalata, non è facile soprattutto perché hai attraversato momenti di grande dolore, e semplicemente il dolore ti annienta, ti fa passare la voglia di tutto, e molti di noi si sentono estranei e al di fuori dai questi contesti.

Le bambine con la sindrome di Rett, non parlano, non possono decidere, difficilmente riescono a dire anche solo se hanno sete, per cui portarle in trasmissione, o anche farle apparire in una foto con un vip, è una scelta solo ed esclusivamente del genitore.

Così questo genitore, se decide di farlo, deve essere disposto a dare una testimonianza, a lasciarsi mettere a nudo da un video, a parlare della malattia che ha travolto la vita della sua famiglia…. parlare, coinvolgere….chiedere aiuto, è ciò che tutte le famiglie presenti in Maratona faranno, ed è per questo che questa trasmissione è veramente la più vera delle altre e la più difficile in assoluto a cui andare.

Non credete, la presenza non è giocata qui sullo schermo, ma è giocata e non vista nelle nostre case, nelle nostre difficoltà giornaliere ad accettare, a trovare soluzioni, a mettere insieme a volte la disperazione con la necessità di fare una vita normale.

Chi viene in Maratona deve essere disposto ad aiutare e a capire fino in fondo cosa vuol dire sedersi accanto ad un malato e cercare di voler guardare lontano….trovare strategie e percorsi che mettano in campo le possibilità per trovare soluzioni.

I nostri malati hanno bisogno di questo, non di reality show, hanno bisogno di gente generosa, di Aziende che investano nella ricerca, mi viene quasi da dire …che investano su di loro.

Perché, sembra un paradosso ma investire su un malato, significa investire sulla conoscenza, dare la possibilità alla ricerca di aprire strade nuove, sviluppi ed economie nuove…e senza accorgerci si investe anche su tutta la collettività.

I bambini e le persone ammalate di malattie genetiche, hanno bisogno di un Paese che prenda posizione e sostenga veramente la ricerca scientifica italiana, dandosi dei parametri per sostenerla, per farla crescere e garantirne la qualità.

Telethon in Italia, spesso fa tutto questo da sola.

E aggiungo, Telethon insieme alle singole associazioni che per conto proprio, portano avanti i mille problemi relativi alla loro singola malattia…. piccole isole di persone che sfidano qualsiasi cosa per i loro malati.

Come rappresentante di Pro Rett Ricerca , sono sicura che ancora una volta Telethon saprà con i fondi raccolti, garantire i principi che costituiscono la sua Missione, e che rappresentano anche i nostri:

  • finanziare la ricerca scientifica verso la cura delle malattie genetiche;
  • finanziare anche quelle malattie che per la loro rarità sono trascurate dai grandi investimenti industriali e pubblici;
  • finanziare solo eccellenti progetti di ricerca e i migliori ricercatori;
  • informare su come vengono investiti i fondi e a quali risultati hanno portato.

Solo così, le persone che parteciperanno alla Maratona, avranno avuto ragione di esserci.

Rita Bernardelli

Presidente Pro Rett Ricerca

domenica 9 dicembre 2007

La Sindrome di Rett è reversibile in modelli di topo modificati geneticamente

Lo studio condotto dal Prof. Bird ha dimostrato come la reintroduzione di una copia del gene MECP2 completamente funzionante in topi, che per la mancanza dello stesso gene, avevano i sintomi della sindrome di Rett, abbia eliminato i tremori, normalizzato la respirazione, i movimenti e l’andatura. Il recupero di tutti i sintomi è avvenuto anche in alcuni animali che per la gravità delle condizioni erano a pochi giorni della morte.

“L’idea di ripristinare una componente essenziale dopo che fosse avvenuto un danno al cervello e che il topo potesse guarire sembrava irraggiungibile - afferma Adrian Bird - è sempre sembrato impraticabile poiché si pensava che le cellule nervose sviluppatesi senza una componente chiave avrebbero presentato danni irrimediabili. Questa scoperta si è dimostrata invece straordinaria non solo per la Rett ma anche per tutta una classe di disordini come l’autismo e la schizofrenia”.

“Il successo dimostrato nel ripristinare le funzioni normali del MECP2 nel topo geneticamente modificato - continua la Dottoressa Huda Zoghbi, del Baylor College of Medicine di Houston (TX) - ci suggerisce che se riusciamo a sviluppare terapie per recuperare o sopperire alle normali funzioni del MECP2, potremmo rendere reversibili i danni neurologici nelle bambine e nelle ragazze con Sindrome di Rett, nei pazienti autistici e nei pazienti con disordini neuropsichiatrici correlati”.

Nello studio si è osservato inoltre che oltre ad aver corretto in modo evidente i difetti di comportamento, i topi hanno anche recuperato un’importante funzione elettrofisiologica del cervello denominata LTP (Long-term potentiation) che permette di quantificare l’abilità dei neuroni di rispondere alle stimolazioni. LTP è da anni considerata come misura neuronale dell’apprendimento e della memoria.

Gli straordinari risultati di questo studio porteranno ad una nuova era per la Sindrome di Rett e altre malattie di spettro autistico. Speriamo che gli esperimenti di reversibilità daranno il via a una esplorazione su tutti i fronti: da quello farmacologico a quello della terapia genica. Pro Rett Ricerca , si impegnerà a concentrare le sue attività per identificare e accelerare la scoperta di cure per le bambine che ne hanno un urgente bisogno”.

Vi invitiamo a visionare i video della scoperta scientifica: http://www.rsrf.org/reversal_experiment/

domenica 2 dicembre 2007

I primi commenti

Grazie a chi ha scritto nel blog in questi giorni.

Apprezzo l’intervento di ognuno di voi, per come si pone di fronte alla Rett.

Se decidi di parlarne, sulla sindrome di Rett c’è troppo da dire,sotto tutti gli aspetti, quello scientifico, quello emotivo, quello a volte della rassegnazione e a volte anche della voglia di riscattare e sfidare questa malattia.

Ognuno di noi, che la conosce da vicino, ha un’ emozione forte, che spesso corrisponde ad un’azione.

Ho letto con piacere alcune pagine del saggio di Luca Molteni, e mi ha coinvolto in questa sua approfondita analisi della Rett, invito tutti a visitare il sul sito www.sindromedirett.it, a leggere il suo lavoro e magari a soffermarci insieme su alcune pagine e farne motivo di dibattito proprio in questo blog.

Ma anche la zia di Silvia, ha trasmesso un messaggio importante: questa terribile malattia, e forse in generale le malattie gravi ed invalidanti ….arrivano ad unire le persone, le famiglie, funzionano da catalizzatore per dare una spazzata al superfluo e riprendere in mano le cose che contano.

Ti fanno ritrovare i valori che spesso dimentichi , o dai per scontati ….ora li riconosci più chiaramente, sai meglio apprezzarli e anche comunicarli ad altri, come la zia di Silvia ha fatto qui.

Anche l’intervento di Nicoletta Landsberger, ricercatrice dedita alla Rett da alcuni anni, mi dà

l’opportunità di dire che finalmente non siamo più soli, e che molti sono i ricercatori che stanno lavorando per le nostre bambine. Dobbiamo imparare a conoscerli questi ricercatori, a sapere cosa stanno facendo, a comunicare con loro, a sostenerli insieme a Telethon nel loro sforzo di trovare soluzioni e terapie per la Rett.

Come è incoraggiante per noi genitori sentire le parole della prof.ssa Landsberger,quando dice: “.....credo che la ricerca renderà curabile questa malattia e ritengo sia importante che anche voi ci crediate e che comprendiate cosa sta succedendo …….”.

Oggi mi fermo qui, mi auguro che tanti altri intervengano nei prossimi giorni e aprano nuovi discorsi e facciano domande.

Prima di chiudere ….voglio raccontare un’ emozionante esperienza che ho vissuto alla fine del mese di ottobre, serve per ribadire che sono tante le persone che ci possono aiutare e che si mettono sulla nostra strada, anche in modi impensati e diversi.

L’anno scorso, io e Roberto Tisato , un genitore come me di una bambina con la sindrome di Rett, siamo andati a parlare presso alcune Scuole Superiori, della nostra esperienza di genitori e di associazione. Gli incontri avevano un duplice scopo, quello di sensibilizzare sulla Rett, ma anche di coinvolgere i ragazzi a entrare in rapporto con le malattie genetiche, con il disagio, la disabilità

e a mettersi in relazione con queste realtà. Abbiamo avuto un incontro in un Liceo scientifico di Schio (VI), abbiamo parlato ai giovani dell’importanza di fare ricerca scientifica, non solo per curare la sindrome di Rett, ma perché la ricerca scientifica per un Paese è indispensabile in ogni campo e settore, e questo loro come studenti dovevano sentirlo e richiederlo sempre.

In un liceo artistico invece, abbiamo chiesto ai ragazzi, dopo aver parlato della nostra esperienza, di lasciarsi coinvolgere e provare a realizzare un opera artistica sulla sindrome di Rett, quello che le nostre parole gli avevano suggerito.

Ora dopo un anno da quell’incontro, i ragazzi del liceo artistico di Schio (VI) ci hanno presentato le loro opere pittoriche , e davvero in molte di queste ci siamo riconosciuti, abbiamo visto i nostri sentimenti, le nostre bambine, la loro difficile condizione e ci hanno commosso.

Con quei quadri, e con tante altre opere realizzate dagli studenti del Liceo Artistico di Schio VI, è stata realizzata un’asta di pittura , il cui ricavato andrà a finanziare la ricerca scientifica sulla sindrome di Rett.

Un grazie particolare a tutti i giovani artisti.

Rita Bernardelli

Pro Rett Ricerca

domenica 4 novembre 2007

Sindrome di Rett e Pro Rett Ricerca


Ciao a tutti, apro con gioia questo blog sulla sindrome di Rett e lo dedico a tutte le nostre bambine.

Sono Rita Bernardelli, presidente dell’Associazione Pro Rett Ricerca www.prorett.org.

Nel maggio 2004, è nata Pro Rett Ricerca, l’associazione che si occupa di sostenere e finanziare la ricerca scientifica nazionale e internazionale sulla sindrome di Rett al fine di trovare una cura.

Perché questo avvenga, è innanzitutto importante credere che davvero un giorno le nostre figlie potranno vivere meglio, camminare, alzarsi, mangiare da sole, comunicare, essere autonome e vivere serenamente con altre persone.

Dobbiamo poterlo pensare e volerlo veramente, non escluderlo mai.

Perché questo si realizzi, ci sono strade da aprire e progetti su cui investire.

Dobbiamo andare oltre all’amore e alla dedizione che quotidianamente diamo alle nostre figlie, noi dobbiamo decidere di agire per trovare danari e ricercatori che lavorino sulla sindrome di Rett.

E’ vero, la nostra vita quotidiana di genitori è difficile e faticosa, come facciamo ad aggiungere altri impegni?

La risposta la troviamo nella nostra esperienza di genitori afflitti, quando riemergiamo dal dolore, quando accettiamo questo difficile destino, nasce in noi una nuova energia propulsiva per fare qualcosa di utile per nostra figlia. Capiamo che se vogliamo che la vita di queste persone abbia

una possibilità di migliorare sotto tutti gli aspetti, fisico e psichico, dobbiamo far sì che questa malattia venga capita, studiata e conosciuta per poter trovare soluzioni terapeutiche scientifiche e reali. Capiamo che spetta a noi attivarci perché questo avvenga.

Ecco lo scopo di Pro Rett Ricerca, un’Associazione piena di energica determinazione proveniente dai genitori, dai ricercatori e dai sostenitori che credono che le cose accadono solo se le fai accadere (la scoperta avviene solo se la ricerchi).

Non è banale dire che a Pro Rett Ricerca servono bei capitali per finanziare bei progetti, che occorrono validi ricercatori e validi genitori per organizzare il lavoro.

Soldi, ricercatori , progetti di ricerca e genitori è il tavolo a quattro piedi su cui poggia

Pro Rett Ricerca.

La ricerca va dove ci sono più fondi, e Pro Rett Ricerca raccoglie direttamente fondi per finanziare

i migliori progetti di ricerca.

Ce la faremo? Credo di sì. Finora abbiamo co-finanziato progetti di ricercatori italiani e stranieri. Abbiamo partecipato alla maratona televisiva di Telethon per far conoscere la sindrome

e sempre con la collaborazione scientifica di Telethon nell’aprile 2007 abbiamo organizzato un meeting scientifico internazionale: European Working Group on Rett Sindrome, che ha visto la partecipazione di oltre 100 ricercatori provenienti da ogni parte del mondo, focalizzati sulla Rett (vedi le relazioni dei relatori sul sito www.prorett.org / News).

Stiamo creando reti di collegamento tra genitori e ricercatori, tra Telethon e la nostra Associazione..., stiamo coinvolgendo nuovi ricercatori italiani, tutto finalizzato all’obiettivo di una cura per le bambine.

Questo blog nasce liberamente … deve far scaturire i pensieri più facili ed immediati, far nascere le esigenze che ognuno di noi sente su questo argomento. Ebbene la mia prima speranza è di poter parlare della sindrome di Rett in maniera costruttiva, senza auto-commiserazione, ma attiviamo in noi tutte le risorse per trovare al più presto una cura alla malattia, mettiamocela tutta, uniamo risorse e fondi e destiniamoli alla ricerca scientifica.

Prima di uscire dal Blog, voglio poter pensare a quel genitore che ha in braccio la sua piccola bambina che crede sana, e su di lei ha tutte le aspettative di una vita normale, ma che improvvisamente domani la sua bimba cambierà … per colpa della sindrome di Rett.

E’ anche a questo genitore che voglio dedicare il nostro blog. Immerso nel suo devastante dolore, forse non vorrà sapere niente di noi e avrà paura di vedere le nostre figlie.

Io spero con tutto il cuore che la strada aperta da noi possa portare la sua bambina ad una vita normale.

Vi aspetto tutti, a presto

Rita Bernardelli